Titolo: Aspettando Lupin
Autrice: Ligeia
Fandom: Lupin III
Pairing: Jigen/Goemon
Rating: PG-13
Genere: humour, sentimentale
Riassunto: Jigen e Goemon sono bloccati in una casa di campagna in attesa di Lupin.
Versione inglese: Waiting for Lupin

Lupin III, Jigen, Goemon, Fujiko e l'ispettore Zenigata sono © Monkey Punch.

Aspettando Lupin

"Dannato Lupin!" Jigen se ne stava seduto per terra davanti al camino, sfregandosi le mani nell'inutile tentativo di scaldarsi. "Piantarci qui nel cuore della notte con questo freddo. Questa volta una pallottola in mezzo agli occhi gliela pianto davvero."

"Non fare promesse che non puoi mantenere."

La voce della saggezza. Goemon era seduto in un angolo della stanza, busto eretto e gambe incrociate, come si addice ad un samurai. Quelle erano state le sue prime parole da quando i due erano arrivati in quella vecchia casa sperduta in campagna. Dovevano aspettare Lupin, ma Lupin, come al solito, non si era ancora fatto vedere.

"Certo, certo. Tu piuttosto, come fai a startene lì senza muoverti? Non hai freddo?" Jigen si avvicinò al fuoco fino a sentirne il calore sulla faccia.

"Un vero samurai non ha mai freddo." Stoico. Irremovibile. La frase sarebbe stata molto convincente se non fosse stata seguita da uno starnuto.

"Come no..." Jigen si lasciò sfuggire una risatina. "Se vuoi qui c'è posto, altrimenti fa' un po' come ti pare."

Goemon gli lanciò un'occhiata furtiva, si alzò e, silenzioso come sempre, lo raggiunse. Il suo compagno d'avventure stava frugando nella tasca interna del cappotto; poco dopo ne estrasse una piccola bottiglia di scotch.

"Ottimo per combattere questo freddo" disse Jigen mentre svitava il tappo. "Vuoi?" Chiese alzando la bottiglia e porgendola all'amico.

"Bevo solo sakè" rispose l'altro con aria altezzosa.

"Sì, lo so, grande samurai, ma ne sono momentaneamente sprovvisto" ribatté Jigen spazientito. "Allora?"

Dopo un attimo di esitazione Goemon afferrò la bottiglia e bevve un sorso di liquore. Subito una vampata di calore gli salì dallo stomaco e gli arrivò fino in gola. Riuscì a stento a trattenere un colpo di tosse.

"Robaccia" mormorò, ma ne bevve un altro sorso. Dopotutto quella sarebbe stata una lunga notte.

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Mezz'ora dopo la bottiglia era vuota e a Goemon sembrava che la stanza si muovesse assieme a lui ogni volta che si guardava attorno.

"Pensavo reggessi meglio l'alcol, grande samurai." Jigen non aveva mai visto l'amico con uno sguardo tanto perso e trovava la situazione a dir poco comica. Il famoso Goemon Ishikawa, maestro nell'arte della katana e ultimo erede di una gloriosa dinastia di samurai, messo al tappeto da due sorsi di scotch.

"Hic!" Goemon tentò di mascherare il singhiozzo con un gesto di stizza, ma fallì miseramente. "È colpa di quella porcheria americana che mi hai fatto bere. Scommetto che era avariata." Si sentiva la bocca impastata e la testa pesante e aveva la netta impressione che le sue guance fossero più calde del solito. Pregò i suoi onorevoli antenati di non essere arrossito.

"Io ho bevuto molto più di te e sono sano come un pesce." Jigen fece un sorrisetto. "Non è un disonore ammettere che ti sei ubriacato, sai."

"Forse non per te. Ma cosa vuoi saperne tu dell'onore?" Goemon fece per alzarsi appoggiandosi alla spada, ma la stanza cominciò a girargli intorno ed egli si ritrovò di nuovo per terra. Il dolore al fondoschiena era nullo se paragonato alla nuova ferita riportata dal suo orgoglio.

"Ehi, vacci piano, ci servi vivo." Jigen gli mise una mano sulla spalla, più per evitare che riprovasse ad alzarsi che per confortarlo. "Senti, secondo me Lupin se la sta spassando con Fujiko da qualche parte e non si degnerà di arrivare prima dell'alba. Non ha senso aspettarlo svegli entrambi, faccio io il primo turno di guardia. Ti sveglio fra un paio d'ore, ok?"

"Mi stai offrendo la tua pietà per caso?"

"No, solo una soluzione logica e conveniente per entrambi."

"Tsk, logica..." Goemon si sistemò il kimono con fare stizzito. "Purtroppo quella brodaglia andata a male che mi hai così gentilmente offerto ha seriamente minato le mie condizioni fisiche e mentali, quindi mi trovo costretto ad accettare la tua proposta."

"Bene. Vuoi che ti... uhm... accompagni al divano?"

"Un vero giapponese non dorme su un divano." Detto questo, Goemon voltò le spalle all'amico e si sdraiò su un fianco, la fedele katana ben stretta fra le mani.

Jigen scosse la testa. "Buonanotte."

"Mph."

+++

Goemon non sapeva quanto avesse dormito. Non molto, visto che fuori era ancora buio. Si sentiva decisamente meglio: niente mal di testa, niente nausea, braccia e gambe ancora al loro posto. Bene. C'era qualcosa di strano però. La prima cosa che notò fu una sensazione di calore che non proveniva solamente dal vecchio caminetto acceso. Qualcosa gli copriva le spalle e la schiena, qualcosa di ruvido che emanava un forte odore di tabacco. Il cappotto di Jigen. E la seconda cosa. Una mano gli stava accarezzando i capelli. Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi scuri dell'amico. Si era tolto il cappello e l'aveva messo ad asciugare vicino al fuoco.

"Cosa stai facendo?"

Jigen aspirò una lunga boccata dalla sigaretta quasi completamente consumata - perché le sue sigarette erano sempre storte? - e gettò il mozzicone fra le fiamme. Esalò lentamente.

"Niente."

La sua mano si ritrasse.

Goemon si mise a sedere. Il cappotto gli scivolò dalle spalle e un brivido di freddo gli corse giù per la schiena. Jigen stava fissando il suo vecchio e malandato cappello. La luce del fuoco gli dipingeva ombre rossastre sul volto scarno. Osservandolo Goemon si chiese se la sua barba fosse ispida come appariva. Quasi senza pensarci, allungò una mano. No, non era ispida. Certo, nemmeno soffice e liscia, ma...

Jigen si voltò verso di lui. Il samurai si rese conto di quello che stava facendo e ritirò la mano di scatto.

"Sei un mezzosangue, vero?" Nessun giapponese avrebbe potuto avere quell'aspetto.

"Mio nonno era americano" rispose Jigen grattandosi il mento e lisciandosi la barba. "Mi ha insegnato lui a sparare." Tacque all'improvviso e sul viso gli comparve un'espressione assorta che Goemon non aveva mai visto prima. "È morto anni fa, ucciso da una donna." Quell'ultima parola esprimeva tutto il disgusto che l'uomo provava nei confronti del genere femminile.

'Bè, ora si spiega da dove viene la sua misoginia' pensò Goemon. Stava per chiedergli se volesse andare a dormire un po' - aveva il sospetto che il suo "turno di riposo" fosse durato più delle due ore pattuite - quando lo vide irrigidirsi. Muovendosi con estrema lentezza, Jigen allungò la mano sinistra verso il cappello e portò la destra all'altezza della fondina. Si sentì un rumore indistinto provenire dalla piccola finestra situata sulla parete alle loro spalle. I due si scambiarono un cenno d'intesa e si voltarono nello stesso istante, Goemon pronto a sfoderare la sua letale katana e Jigen impugnando la pistola.

Sul davanzale c'era un piccolo gufo che, spaventato da tutto quel movimento improvviso, sbatté le ali e si alzò in volo.

"Stupido pennuto" sbuffò Jigen riponendo l'arma. "Mi ha fatto prendere un colpo."

"Già" convenne Goemon. "Vai a dormire adesso, faccio io la guardia." Scrutò brevemente l'orizzonte. Aveva smesso di piovere e il cielo si stava lentamente rischiarando. "Manca poco all'alba e Lupin non si è ancora fatto vedere."

"Te l'ho detto: probabilmente Fujiko si è finalmente decisa a dargliela e lui si è totalmente dimenticato di noi." Jigen si distese sul divano e sbadigliò rumorosamente. "Spero che quella sgualdrina gli freghi fino all'ultimo centesimo e lo lasci in mutande, così la prossima volta ci pensa due volte prima di preferire lei a noi. Donnaiolo impenitente."

Goemon lo osservò in silenzio. Dopo qualche istante si avvicinò e gli sollevò il cappello. "Non te lo togli neanche quando dormi?"

Jigen lo fissò. Lo stesso sguardo che il samurai aveva intravisto poco prima, mentre l'amico gli stava accarezzando i capelli. La mano di Jigen gli afferrò il polso e lo attirò a sé. Colto alla sprovvista, Goemon perse l'equilibrio e fu costretto ad appoggiare un ginocchio sul divano per non cadere addosso al compagno.

"Cosa..."

Non fece in tempo a terminare la frase. Jigen gli posò la mano libera sulla nuca e lo baciò. Un bacio esitante, quasi timido, ma non goffo. Le labbra di Jigen si muovevano lentamente contro le sue, la lingua entrava e usciva dalla sua bocca con delicatezza, come se volesse assaporarne l'essenza con calma. L'odore e il sapore di tabacco e di scotch assalirono i sensi di Goemon, ma non era una sensazione sgradevole. La mano che ancora gli stringeva il polso allentò la presa e si infilò nella larga manica del kimono, accarezzandogli la pelle nuda. Il samurai rabbrividì.

Jigen gli morse il labbro inferiore e terminò il bacio. I suoi occhi scuri brillavano. "Era da tanto che volevo farlo."

Prima che Goemon potesse rispondere sentirono il rombo di un'auto avvicinarsi e uno stridio di freni. Entrambi si alzarono di scatto. Qualche attimo dopo Lupin aprì la porta e la richiuse rumorosamente alle sue spalle. Salutò i due con il suo solito sorriso sornione.

"Salve ragazzi! Passata bene la notte?"

Goemon si voltò e si mise a sedere a gambe incrociate sul pavimento. Jigen si accese una sigaretta.

"Ma siete proprio noiosi voi due!" Esclamò Lupin sedendosi a cavalcioni sul bracciolo del divano.

Jigen andò alla finestra e guardò il desolato paesaggio di campagna illuminato dalla debole luce dei primi raggi del sole. La tesa sdrucita del cappello nascondeva il suo sorriso soddisfatto.


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Racconto pubblicato nell'ottobre 2003


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